Sorprendente processo fisiologico e “salva vita”: l’autofagia

autofagia, Sorprendente processo fisiologico e “salva vita”: l’autofagia

L’”autofagia”, termine che deriva dal greco e che significa “mangiare sé stessi”, è un processo fisiologico degradativo delle cellule. Questo sistema così sofisticato di “autoalimentazione” è conservato nell’evoluzione per il rinnovamento cellulare.

Tutti gli organismi viventi sono soggetti a continui rinnovamenti. Così, anche le nostre cellule sono costantemente rimodellate e riciclate, e questo processo avviene in parte al fine di sostituire le vecchie componenti con quelle nuove di migliore qualità. Tale ”ristrutturazione cellulare” richiede la sintesi di nuove componenti, ma anche la degradazione di quelle preesistenti che possono servire come “mattoni di costruzione”. Difatti, “autofagia” è un termine generico che descrive tutte le vie attraverso cui le componenti del citoplasma vengono veicolate ai lisosomi delle nostre cellule, o al vacuolo delle cellule vegetali e di lievito.

L’autofagia ha un ruolo centrale nel mantenere l’omeostasi cellulare e l’equilibrio tra sintesi e degradazione delle componenti della cellula. Difatti, la sua funzione è quella di riciclare le componenti cellulari, sia per la normale omeostasi che per garantire la sopravvivenza della cellula in condizioni di stress. Attraverso l’autofagia possono essere eliminati lipidi, acidi nucleici, proteine e strutture macromolecolari, come aggregati proteici o interi organuli, ed è essenziale anche nel distruggere virus e batteri che hanno infettato l’organismo. Inoltre, essendo illimitata la sua capacità degradativa, eliminando organelli e proteine non più funzionanti, le cellule contrastano anche il loro invecchiamento.

Grazie al progresso della ricerca scientifica, il biologo giapponese Yoshinori Ohsumi, insignito del premio Nobel per la Fisiologia o Medicina nel 2016, è riuscito ad osservare i dettagli di questo processo nel lievito usato classicamente nel processo di panificazione.

L’autofagia svolge un ruolo fondamentale in tutte le fasi della vita, dall’embrione alla senescenza, ma se funziona in maniera sregolata, possono svilupparsi patologie come, per esempio, quelle autoimmuni, infettive, muscolari, neurodegenerative e perfino alcuni tipi di cancro.

Nonostante l’autofagia sia un processo fisiologico per la cellula, affinché inizi è necessario uno stimolo. Tra i vari segnali che sono in grado di regolare l’autofagia ci sono la carenza dei nutrienti, dei fattori di crescita e stress di varia natura (come, ad esempio, patogeni o determinati composti chimici).

Negli ultimi dieci anni, l’autofagia ed il suo ruolo nell’immunità è cresciuto costantemente. Infatti, ci sono studi in corso che cercano di comprendere il legame tra autofagia e infiammazione, e le inevitabili sovrapposizioni con le funzioni metaboliche e di controllo della sua qualità. Per il momento, gli scienziati, esaminando come essa influenza questi processi, sono arrivati alla conclusione che mentre l’autofagia ha la capacità di inibire l’infiammazione spontanea endogena, la sua disregolazione sotto forma di attivazione persistente può portare allo sviluppo di patologie, contribuendo ad esiti dannosi per l’organismo.

Esprimendo in modo più diretto l’importanza dell’autofagia, basta immaginare che attraverso di essa, le nostre cellule si rinnovano, si autoriciclano ed i risvolti positivi che si hanno a livello sistemico, fisico e mentale, sono elevatissimi. Le nostre cellule si rigenerano e, sapendo che ogni nostra singola cellula ha il suo orologio biologico interno, se non diamo al nostro organismo del “tempo” per rilassarsi, se ogni tanto non gli diamo una “scossa” o non lo “resettiamo”, tramite l’autofagia, prima o poi “impazzirà”. Insomma, è quasi come fare un reset al nostro smartphone!

Ma come possiamo attivare questo processo? Ecco che in un regime di iperalimentazione che domina l’era moderna, entra in gioco la pratica del digiuno, del digiuno intermittente e quella del mima digiuno. Il messaggio comune che arriva è “è dannoso non mangiare”. In realtà, non è esatta questa affermazione. Studi recenti dimostrano, infatti, quanto le nostre cellule traggano beneficio da questa pratica che attiva questo sofisticato e finemente regolato processo, l’autofagia. Questi, sono stati correlati all’aumento dei casi relativi ai disturbi del comportamento alimentare. Purtroppo però, l’informazione sbagliata, unita alla poca collaborazione da parte degli esperti, porta a non fidarsi e a seguire i dettami fai da te. E ancora, bisogna farsi seguire dai professionisti, non solo quando si è arrivati già ad uno stato di malattia, ma anche e soprattutto per preservare lo stato di salute del nostro organismo, proprio per evitare lo stato di malattia.

Numerosi studi dimostrano gli effetti benefici dell’autofagia su diversi tipi di patologie, come quelle neurodegenerative, autoimmuni (come, per esempio, la psoriasi), depressive, epilettiche farmaco-resistenti, ma anche nella prevenzione e nella cura oncologica. Ovviamente, tutte queste malattie devono essere strettamente seguite dagli esperti. Inoltre, studi recenti correlano anche uno scorretto funzionamento dell’autofagia con l’accumulo di aggregati proteici nelle cellule nervose, dunque con lo sviluppo di patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer.

La futura comprensione dei meccanismi alla base dell’autofagia, potrebbe fornire un’ulteriore crescita per lo studio e lo sviluppo di nuove terapie per il trattamento delle patologie.

BIBLIOGRAFIA

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[4] Mattera L. (2017). Il cambiamento non ha età: le nostre cellule neuronali sono guidate da una “danza plastica” che dura tutta la vita. Scienzintasca

[5] Mizushima N., Komatsu M. (2011). Autophagy: renovation of cells and tissues. Cell, 147, 728-741

Un commento:

  1. Brigida Verde

    Chiara e illuminante come sempre. Bravissima continua così

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