Immunità al SARS-CoV-2: si riduce nel tempo ma non si perde

, Immunità al SARS-CoV-2: si riduce nel tempo ma non si perde

Ad un anno dall’inizio della pandemia causata dal coronavirus SARS-CoV-2 si parla ormai spesso di transizione all’endemicità. Per “endemicità” si intende la circolazione stabile di un agente patogeno in una popolazione, con manifestazione dei casi più o meno uniformemente distribuita nel tempo. Recenti studi, basati su dati epidemiologici e immunologici, su vari coronavirus umani endemici mostrano che l’immunità si riduce in tempi molto veloci ma che, in generale, l’immunità che riduce la sintomatologia è di lunga durata. In particolare, lo studio portato avanti dagli scienziati J. S. Lavine, O. N. Bjornstad e R. Antia, dimostra che le infezioni in età infantile determinano un’immunità che porterebbe, nel caso della riesposizione al virus in età adulta, ad una sintomatologia simil-influenzale senza complicazioni.

Esistono diversi ceppi di coronavirus, come SARS-CoV e MERS-CoV. Si tratta di virus che hanno mostrato una elevata mortalità ma che sono stati contenuti maggiormente rispetto al SARS-CoV-2. L’ipotesi dello studio si basa sul fatto che tutti i coronavirus determinano un’immunità con caratteristiche simili e che l’attuale problema pandemico è la conseguenza di una popolazione immunologicamente vulnerabile di fronte a malattie gravi. Lavine, Bjornstad e Antia, basandosi sui dati (forniti dalla letteratura scientifica) riguardanti i vaccini, suggeriscono che l’immunità può fornire protezione in tre modi:

  • l’immunità sterilizzante, che può impedire la replicazione dell’agente virale;
  • impedendo la reinfezione;
  • se non impedisce la reinfezione, riduce comunque la trasmissibilità e la sintomatologia;

in genere, la reinfezione può avvenire entro un anno ma con sintomi piuttosto lievi.

In particolare, i dati sui livelli delle immunoglobuline (o Ig) di classe G e delle IgM prodotte in risposta ai ceppi di coronavirus dimostrano che l’età media dell’infezione primaria si verifica, in genere, a partire dai 3-5 anni fino ai 15. Tuttavia, l’assenza dei titoli delle Ig negli individui di età superiore a 15 anni mostra che una reinfezione nell’adulto provoca una risposta di richiamo e che l’immunità specifica si riduce, ma non è persa.

Lo studio ha riguardato anche la transizione all’endemicità e ha preso in considerazione i dati raccolti sull’attuale situazione pandemica da COVID-19. I modelli di studio suggeriscono che, una volta raggiunta la fase stazionaria di diffusione della malattia, i casi primari si verificano nei neonati e nell’età infantile e, nel caso delle reinfezioni nell’età adulta, questi soggetti avranno acquisito un’immunità tale da ridurre i sintomi della malattia. Una previsione che è possibile fare sulla base dei dati raccolti, riferiti ai vari ceppi di coronavirus, suggerisce dunque che la gravità dei vari ceppi virali mostra una relazione diretta con la gravità della sintomatologia nell’età precoce (ad esempio, non è possibile prevedere una riduzione della sintomatologia della MERS nel tempo poiché si tratta di una malattia causata da un ceppo virale che causa infezioni gravi anche nei neonati e nei bambini).

Per quanto riguarda gli altri coronavirus, le prove dimostrano che l’immunità nei loro confronti è breve e moderata portando a numerose reinfezioni nell’età adulta ma che al contempo, l’infezione infantile che non presenta una grave sintomatologia, protegge dalle infezioni con sintomi gravi nell’età adulta.

BIBLIOGRAFIA

Lavine J. S., Bjornstad O. N., Antia R. (2021). Immunological characteristics govern the transition of COVID-19 to endemicity. Science, 371, 741-745

Cobey S. (2020). Modeling infectious disease dynamics. Science, 368, 713-714

Galanti M. et al. (2021). Direct observation of repeated infections with endemic coronaviruses. J Infect Dis, 223, 409-415

Un commento:

  1. Eva Scibetta

    Bellissimo articolo!

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