IL MYO-INOSITOLO NELLA PRATICA CLINICA

, IL MYO-INOSITOLO NELLA PRATICA CLINICA

Ciao a tutti,

con il seguente articolo ho piacere di condividere  con Voi studi ed informazioni sull l’utilizzo del myo-inositolo in svariati ambiti medici,principalmente in ostetrica-ginecologica,ambito attualmente di mia competenza.

IL MYO-INOSITOLO NELLA PRATICA CLINICA

Il myo-inositolo è un isomero dello zucchero alcolico C6 che appartiene alle vitamine del gruppo B. Numerosi studi hanno suggerito che il myo-inositolo giochi un ruolo importante nella morfogenesi e citogenesi cellulare, nella sintesi dei lipidi, nella struttura delle membrane cellulari e nella crescita cellulare. In particolare, è stato dimostrato che il myo-inositolo è il precursore della sintesi dei fosfoinosidi. Costituisce cioè il sistema di trasduzione del segnale del fosfatidilinositolo conosciuto per essere coinvolto nella regolazione di diverse funzioni cellulari inclusa la proliferazione cellulare. L’importanza dell’attivazione del ciclo del fosfatidilinositolo nella trasduzione di diversi tipi di informazione attraverso la membrana plasmatica è diventata via via più importante negli ultimi anni. È attivata in risposta a stimoli ormonali o di altri tipi e coinvolge un’idrolisi recettore-dipendente di un precursore lipidico dell’inositolo al fine di generare l’1,4,5-trifosfato inositolo. Questo è un secondo messaggero che regola diversi tipi di processi cellulari modulando il rilascio intracellulare del Ca2+in molteplici sistemi cellulari. La presenza del myo-inositolo nei nostri fluidi corporei, il suo ruolo quale precursore dei fosfolipidi di inositolo responsabili di importanti segnali intracellulari essenziali per lo sviluppo degli ovociti e il suo effetto nel migliorare la maturazione in vitro degli ovociti ha suggerito che possa esistere una relazione tra la concentrazione del myo-inositolo nel fluido follicolare e la qualità degli ovociti che ne derivano. L’inositolo viene attivamente sintetizzato all’interno dell’organismo umano. Infatti, la quantità di inositolo libero presente è di molto superiore a quella ingerita con l’alimentazione. È stato anche calcolato che una dieta mista nord-americana può fornire all’adulto circa 1 grammo di inositolo al giorno.

Inositolo e diabete

Recentemente, si è riscoperto un grande interesse sulla relazione tra l’inositolo e alcune malattie metaboliche, come ad esempio il diabete. I diabetici soffrono spesso di una ridotta velocità di conduzione nervosa periferica, sensoriale e motoria, con o senza evidenza di plurineuropatie. Si è scoperta una relazione fra l’inositolo e la scompensata funzionalità del sistema nervoso periferico negli individui con diabete acuto. È stata evidenziata, inoltre, una diminuita concentrazione di inositolo nel sistema nervoso dei mammiferi, al primo stadio della degenerazione di Wallerian. Negli individui affetti da diabete si registra una difficoltà a mantenere concentrazioni normali di inositolo libero nel tessuto nervoso periferico, che è in stretta relazione con una diminuita velocità di conduzione nervosa,nonostante il fatto che i livelli plasmatici di inositolo libero siano simili a quelli degli individui normali. Un integrazione alimentare con l’1% di inositolo fa aumentare i livelli plasmatici e nervosi di inositolo libero e migliora in modo significativo la velocità di conduzione nervosa negli individui diabetici. È inoltre noto che un trattamento con insulina previene la diminuzione dei livelli di inositolo nervoso e la velocità di conduzione nervosa scompensata negli individui diabetici. L’analisi con microscopio elettronico ha rivelato cambiamenti strutturali nella membrana nervosa che regredivano a seguito della somministrazione di inositolo e insulina. È importante sapere che un eccessivo aumento dei livelli di inositolo nel sangue, indotto da integrazione con la dieta contenente il 3% invece dell’1% di inositolo fa diminuire la velocità di conduzione nervosa motoria sia nei soggetti normali che in quelli diabetici. Si è registrata una diminuzione di inositolo libero, ad esempio, nel nervo sciatico dei soggetti diabetici, accompagnata da una diminuita concentrazione di inositolo legato ai lipidi presenti nelle fibre nervose. Inoltre, la specifica attività dell’inositolo 1-fosfato sintetasi, coinvolto nella biosintesi dell’inositolo è minore nei testicoli ma non nel nervo sciatico e nel cervello di questi soggetti. Infatti, l’attività specifica degli enzimi responsabili della sintesi del fosfatidilinositolo e del fosfatidilinositolo 4,5-difosfato è significativamente minore nel nervo sciatico e nel cervello di tali soggetti, e questo suggerisce che un alterato metabolismo dei lipidi nel tessuto nervoso possa contribuire alla neuropatia umana diabetica e ad una diminuzione nella velocità di conduzione nervosa.

È stata osservata una diminuzione della quantità di [3H]inositolo presente nel fosfatidilinositolo in segmenti nervosi intatti dei soggetti diabetici ma non in soggetti sani. Questo ha suggerito che il diabete può provocare una diminuzione del trasporto dell’inositolo. L’attività dell’inositolo-ossigenasi renale che catabolizza l’inositolo è marcatamente diminuita nei soggetti diabetici, e può essere l’espressione dell’elevata concentrazione di inositolo nel rene diabetico e quindi l’aumentata clearance dell’inositolo. È stato osservato che l’inositoluria, presente in caso di diabete umano, può aumentare principalmente per l’effetto inibitorio del glucosio sul riassorbimento tubulare renale dell’inositolo. Perciò la quantità dell’inositolo escreta con le urine, può influire significativamente sulla quantità di inositolo assunto con l’alimentazione nel diabetico non trattato. L’escrezione urinaria diminuisce avvicinandosi ai livelli normali se si riceve un trattamento con insulina.

Inositolo e sindrome dell’ovaio policistico

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è una malattia eterogenea, con un ampio spettro di potenziali eziologie e con varie manifestazioni cliniche. Sebbene la patogenesi della PCOS non è ancora chiara, sembrano essere coinvolti svariati fattori; la PCO può quindi essere vista come una malattia mutifattoriale, dove molti geni e l’ambiente interagiscono tra loro nello sviluppo della sindrome. L’incidenza della PCO si aggira intorno a 8-10% della popolazione femminile in età riproduttiva. Nel 2003,la Rotterdam ESHRE/ASRM PCOS Consensus Workshop Group ha cercato di delineare, dopo numerosi tentativi, semplici criteri per una classificazione della PCOS: – oligo-anovularietà – segni clinici e biochimici di iperandrogenismo – riscontro ecografico di almeno un ovaio policistico La presenza di almeno 2 di questi criteri permette di fare diagnosi di PCOS. Importante è escludere la presenza di altre malattie quali la sindrome di Cushing, neoplasie androgeno-secernenti e disfunzioni tiroidee, che possono portare ad alterazioni ovulatorie-mestruali e/o quadri di iperandrogenismo. Le alterazioni mestruali presenti nelle pazienti PCO comprendono oligomenorrea o amenorrea, conseguenti ad assenza o alterata attività ovulatoria e conseguentemente ridotta fertilità. Questa alterata funzione ovarica comporta inoltre nelle pazienti affette da PCOS una cronica stimolazione estrogenica non bilanciata dal progesterone,

che determina inqueste pazienti maggiore predisposizione allo sviluppo di iperplasia endometriale e, se non adeguatamente trattata, carcinoma endometriale. I segni clinici più frequenti dell’iperandrogenismo di origine ovarica comprendono irsutismo ed acne che di solito si manifestano già in età pre-puberale. Dal 30% al 75% delle donne con PCO presenta inoltre obesità, in particolare si osserva un aumento dell’adipe viscerale, e definito come una circonferenza fianchi >88 cm. L’obesità determina poi un maggior rischio per lo sviluppo di iperandrogenismo, resistenza all’insulina, intolleranza glucidica e dislipidemia. Il quadro ecografico della PCO è caratterizzato dalla presenza di piccoli follicoli delle dimensioni tra 2 e 8 mm periferici, che costituiscono la caratteristica immagine a “corona di rosario”, con ovaie di dimensioni aumentate. Le pazienti affette da PCO presentano anche un particolare pattern gonadotropico, caratterizzato da elevati valori di LH, con valori di FSH ridotti e con un conseguente rapporto LH/FSH elevato. È ormai dimostrato che molte pazienti affette da PCOS presentano una resistenza all’insulina, documentata daelevati livelli di insulinemia basale e iperinsulinemia se sottoposte al test da carico con 75 g di glucosio. L’insulino-resistenza e la conseguente iperinsulinemia, concorrono allo sviluppo dell’iperandrogenismo direttamente ed indirettamente. L’insulina infatti stimola direttamente le cellule della teca dell’ovaio a produrre maggior quantità di androgeni ed inibisce la sintesi epatica della proteina legante gli ormoni sessuali (SHBG), determinando indirettamente un aumento della quota di androgeni liberi. Inoltre le cellule della teca nelle pazienti PCOS presentano una maggiore sensibilità all’azione dell’insulina sulla secrezione androgenica. È stato inoltre osservato che riducendo i livelli di insulino-resistenza in queste pazienti, sia riducendo il peso corporeo, sia utilizzando farmaci che aumentino la sensibilità cellulare all’insulina (metformina, tiazolidinedioni, D-chiroinositolo, Myo-inositolo), si osserva una riduzione dei livelli di androgeni. È importante sottolineare che proprio l’insulino-resistenza presente in queste pazienti, predispone allo sviluppo di diabete mellito di tipo II, in particolar modo se esiste già una familiarità per diabete mellito e se le pazienti sono obese. Altre malattie a cui le donne con PCO sono maggiormente predisposte sono le malattie cardiovascolari, in particolar modo coronaropatie, sindrome X o sindrome metabolica, ipertensione arteriosa. Ci sono infatti studi che dimostrano una maggiore incidenza di dislipidemia e di anomalie nel funzionamento endoteliale delle pazienti con PCO. La terapia della PCO ha diversi scopi: – terapia delle irregolarità mestruali e protezione dell’endometrio – terapia dell’ipersecrezione androgenica – terapia dell’iperinsulinemia e dell’insulino-resistenza – terapia dell’anovularietà e della sterilità.La pillola estro-progestinica (E/P) è considerata la terapia più utilizzata per la regolazione dei cicli mestruali e per il bilanciamento dell’eccessiva produzione di estrogeni. Nelle pazienti che presentano controindicazioni all’assunzione dell’E/P si opta per l’utilizzo del solo progesterone (medrossiprogesterone acetato). L’irsutismo da iperandrogenismo viene trattato come prima scelta con l’E/P, in seconda battuta vengono utilizzati i farmaci anti-androgeni; i più utilizzati sono il ciproterone acetato e lo spironolattone, da solo o in associazione all’E/P. L’E/P e i farmaci anti-androgeni riducono anche l’acne, ma spesso la terapia deve prevedere la somministrazione di antibiotici o di terapie dermatologiche. La Metformina e i Tiazolidinedioni sono i farmaci utilizzati per migliorare l’insulino-resistenza nelle pazienti PCO. Molti studi hanno indagato i loro effetti a breve e lungo termine. Gli effetti a breve termine includono il ripristino dell’ovulazione e quindi la terapia della sterilità, il miglioramento degli effetti dell’iperandrogenismo, l’irsutismo e l’acne. Gli effetti a lungo termine invece includono la prevenzione del diabete di tipo II, la riduzione del rischio cardiovascolare e dell’incidenza di infarti miocardici. La riduzione dei livelli di trigliceridi è invece associata a diminuzione della pressione sanguigna. In passato la terapia di scelta per indurre l’ovulazione nelle donne affette da PCO era l’asportazione laparotomica di un cuneo di tessuto ovarico. Negli anni ’80 si passò ad altri tipi di interventi chirurgici come la resezione della corticale ovarica, la coagulazione multipla della capsula ovarica (drilling ovarico), la vaporizzazione della capsula ovarica con laser e la crioterapia. Studi sulla riduzione di peso nelle pazienti PCO dimostrarono che la riduzione del BMI in queste pazienti determinava il ripristino della funzionalità ovarica e quindi della fertilità. Oltre alla riduzione del peso corporeo altre terapie sono state studiate per indurre l’ovulazione nelle pazienti con PCO. Il farmaco di prima scelta è tutt’oggi il clomifene citrato. Il suo utilizzo deve tener conto del BMI, dell’età della paziente e della presenza di altre cause di infertilità. Circa il 60-70% delle pazienti trattate riprende la normale funzione ovarica, mentre il tasso di gravidanza si aggira attorno al 22%. Numerosi studi hanno dimostrato che i farmaci che aumentano la sensibilità dell’insulina come la Metforminae i Tiazolidinedioni da soli o in associazione al clomifene inducono l’ovulazione e aumentano i tassi di gravidanzanelle pazienti PCO rispetto alla somministrazione di placebo. Il clomifene però presenta maggiori effetti nell’induzione dell’ovulazione e un maggior tasso di gravidanze rispetto alla metformina. Gli effetti collaterali dei due farmaci, acidosi lattica per la metformina e tossicità epatica per i tiazolidinedioni ne limitano la somministrazione. La somministrazione di gonadotropine esogene o la somministrazione di analoghi del GnRH, vengono riservate solo alle pazienti clomifene-resistenti. Visto l’alto rischio di iperstimolazione ovarica, il rischio di gravidanze multiple e l’assenza di un significativo aumento nel tasso di gravidanze, non giustifica l’utilizzo di questi farmaci di routine. Recentemente è stata invece studiata ed introdotta con successo nella pratica clinica una nuova molecola, il Myo-inositolo, che si è dimostrata efficace nel ridurre i livelli di insulina, nel ridurre gli effetti androgenici e nel ristabilire il normale ciclo ovarico nelle donne affette da PCOS. L’inositolo è un fattore vitaminico del complesso B, coinvolto nelle vie di segnalazioni intracellulari Ca-dipendenti. Il fosfatidilinositolo è infatti coinvolto nella trasduzione del segnale cellulare attraverso la membrana plasmatica. Risponde a diversi stimoli ed è coinvolto nella formazione del inositol-1,4,5trifosfato che regola vari processi cellulari, tra cui la differenziazione e la proliferazione cellulare, attraverso il rilascio intracellulare di Ca. In particolar modo è stato dimostrato che l’inositolo controlla la secrezione di alcune ghiandole esocrine tra cui il pancreas e altri organi tra cui l’ovaio. A livello ovarico queste vie di segnalazione intracellulari sono coinvolte nel rilascio di granuli corticali, nel blocco della polispermia, nel completamento della meiosi e nell’attivare il ciclo cellulare che poi determina lo sviluppo embrionale. Il myo-inositolo e il D-chiro-inositolo sono due isoforme dell’inositolo. Il myo-inositolo è positivamente correlata con la maturità ovocitaria nei topi. Il D-chiro-inositolo interviene come mediatore nell’azione dell’insulina, tramite un fosfoglicano contenente D-chiro-inositolo, ed è stato osservato che una sua carenza sembra essere coinvolta nell’insulino-resistenza che si osserva nelle pazienti affette da PCOS. È stata studiata la concentrazione urinaria di D-chiroinositolo e la correlazione tra insulina e il fosfoglicano contenente D-chiroinositolo dopo curva da carico con 75 g di glucosio. È stato dimostrato che la concentrazione urinaria di D-chiro-inositolo nelle pazienti PCO era 6 volte maggiore rispetto alle pazienti di controllo e si è osservata invece una correlazione inversa tra l’insulina e il fosfoglicano contenente D-chiro-inositolo. Questo studio sembra quindi dimostrare un difetto nella disponibilità o nell’utilizzo del fosfoglicano contenente D-chiro-inositolo nelle pazienti PCOS. Alcuni ricercatori hanno studiato pazienti obese affette da PCO alle quali veniva somministrato D-chiro-inositolo o un placebo. Hanno osservato un miglioramento della funzionalità ovarica, una riduzione dei valori degli androgeni sierici, dei trigliceridi plasmatici e della pressione arteriosa, nelle pazienti trattate con D-chiro-inositolo rispetto alle pazienti trattate con placebo. Nel 2002, altri ricercatori hanno studiato il ruolo del myo-inositolo nel migliorare la qualità degli ovociti per inseminazione artificiale. Nelle coppie infertili analizzate è stato dosato il contenuto di myo-inositolo nel fluido follicolare ed è stato osservato un maggior contenuto di myo-inositolo negli ovociti maturi, rispetto agli ovociti immaturi. Anche in uno studio condotto su pazienti magre affette da PCOS che venivano trattate con D-chiro-inositolo o placebo, ha dimostrato una riduzione dell’insulina circolante e degli androgeni circolanti, e un miglioramento dei parametri metabolici tipici della sindrome X (pressione arteriosa e trigliceridemia). In un nostro studio abbiamo osservato che pazienti affette da PCOS trattate con myo-inositolo riacquistavano una spontanea funzionalità ovarica e quindi la fertilità rispetto a pazienti PCOS trattate con placebo. In queste pazienti si è osservato inoltre una riduzione di livelli di estradiolo e della durata di stimolazione con gonadotropine senza ridurre il numero di ovociti utilizzati per ICSI. Tramite questi studi sembra chiaro il ruolo dell’inositolo nel determinare l’insulino-resistenza e di conseguenza le alterazioni ormonali e metaboliche delle pazienti affette da PCOS. È inoltre evidente un possibile ruolo dell’inositolo nella maturazione ovocitaria nelle donne infertili.

Con i seguenti studi vorrei farvi conoscere l’utilizzo dei nutraceutici della LO.Li.Pharma azienda farmaceutica  con la quale collaboro che vede l’utilizzo clinico della linea Inofolic come terapia in ostetrica-ginecologica.

Bibliografia

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                                                                                                    DOTT.CASTIELLO MARIA ROSARIA

                                                                                                      castiellomariaro@libero.it

2 commenti:

  1. Alessandro Bonacchi

    salve, vorrei sapere cosa significa la particella “myo” prima della parola inositolo. Ricordo il “mio” inositolo, è la stessa cosa o la “y” cambia significato?

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