Si torna sempre dove si è stati bene. L’ “homing” degli animali migratori.

L’ “homing” degli animali migratori., Si torna sempre dove si è stati bene. L’ “homing” degli animali migratori.

Gli animali non conoscono i confini umani

Il nostro pianeta è continuamente attraversato da milioni di animali in viaggio. Uccelli, rettili, anfibi, i giganti degli oceani e naturalmente anche l’uomo affrontano incredibili viaggi per terre, mari e cieli. Lo scopo? La sopravvivenza e la riproduzione.

Essi sono infatti alla ricerca di un ambiente che gli conceda cibo a sufficienza e riparo. Necessitano di un luogo idoneo all’accoppiamento e alla riproduzione che spesso ritrovano proprio nel posto in cui sono nati e nel quale riconoscono la culla migliore per crescere i loro cuccioli. Pertanto questo comportamento viene definito natal homing.

Una traversata temibile

Lo spostamento migratorio non può di certo definirsi un viaggio di piacere. Infatti sono tantissimi i rischi che gli animali affrontano i questi estenuanti spostamenti. In pratica per alcune specie la migrazione porta ad un altissimo tasso di mortalità.

È senz’altro il caso degli gnu sudafricani i quali, al termine della stagione delle piogge, si mettono in viaggio dalla Tanzania verso il Kenya. Ma giunti al guado del fiume Mara ci sono dei temibili predatori ad attenderli: i coccodrilli del Nilo! Si stima che, ogni anno 6200 gnu perdano la vita tentando di attraversare questo fiume.

Tuttavia questo appuntamento annuale costituisce un patrimonio di biomassa ineguagliabile per il nutrimento di tutto il sistema fluviale del Mara. Oltre a ciò pensate alle difficoltà nell’attraversamento di un’ampia distesa arida come il Sahara dove è quasi impossibile trovare acqua e cibo. Oppure l’attraversamento dei mari, o addirittura degli oceani, con tutti i pericoli ad essi legati.

Un altro rischioso ostacolo sono le montagne infatti le oche indiane sono costrette a volare sopra le cime himalayane. Per passare dalle pianure dell’Asia centrale alle aree umide indiane esse raggiungono i 9.000 metri e in condizioni estreme: pochissimo ossigeno e freddo polare. Inoltre, ad alta quota, rappresenta un pericolo anche la presenza degli aerei di linea dotati spesso di luci che attirano gli uccelli in volo verso una drammatica fine.

Altri elementi di disturbo antropico sono i l’illuminazione, l’inquinamento e la distruzione degli habitat. Tutto ciò disorienta questi animali lungo la rotta migratoria poiché dei loro fondamentali riferimenti sono rappresentati da stelle ed elementi naturali.

Al contrario, in alcuni casi le costruzioni antropiche diventano dei veri e propri riferimenti visivi per gli uccelli migratori, un esempio italiano è l’autostrada Milano-Napoli A1.

Per evitare che le costruzioni stradali in molti paesi si sono attuate politiche di road ecology allo scopo di evitare che le strade taglino la rotta migratoria di animali terresti. Ne sono esempio le costruzioni di sottopassaggi e cavalcavia sulla Highway 191, negli Stati Uniti, al fine di favorire il passaggio degli ungulati. Allo stesso modo sono stati realizzati ponti “granchio- friendly” sull’Isola di Natale, attraversata da migliaia di granchi rossi ogni anno.

Come si orientano gli animali migratori? Come fanno a ritrovare la strada percorsa l’anno precedente? E come sanno quando è il momento di partire?

Come descrive Francesca Buoniconti nel suo libro “Senza Confini” ( https://www.codiceedizioni.it/libri/senza-confini-le-straordinarie-storie-degli-animali-migratori/ ), ai tempi di Aristotele era parere comune che gli uccelli volassero fino alla Luna, per poi tornare sulla Terra in primavera.

Oppure si pensava che le rondini si posavano sui canneti dei laghi, perdevano il piumaggio e si tramutavano in rane. Mentre le anguille si credeva che nascessero dal fango.

Chiaramente queste bizzarre spiegazioni ad oggi sono ampiamente superate, sebbene siano ancora molte le cose che non conosciamo sul fenomeno migratorio.

I parametri che decretano l’inizio del periodo migratorio sono il fotoperiodo (lunghezza del giorno e della notte), la luce solare, la temperatura. Oltre a caratteristiche specifiche dell’animale legate alla maturità riproduttiva.

Mentre la bussola che indica la strada da seguire è rappresentata dalla posizione delle stelle, dai venti, dalle correnti marine, dai campi magnetici terresti e da straordinarie memorie visive e olfattive.

Benché non siano del tutto chiaro il meccanismo con cui gli uccelli si orientino recenti studi rivelano la presenza di specifiche proteine della retina sensibili alla luce, i criptocromi.

Questi fotorecettori in qualche modo percepiscono anche la presenza di un campo magnetico esterno che quindi darebbe indicazioni sulla direzione da seguire. Tutta via quando ci si avvicina alla destinazione finale sono l’olfatto e la vista a guidare l’animale.

Attraverso il Sahara

Ogni primavera milioni di rondini attraversano i cieli mediterranei allo scopo di raggiungere il Nord Europa dove trascorreranno la stagione estiva. Sono detti “transahariani” perché svernano al di sotto del deserto del Sahara. Inoltre ad essi si aggiungono usignoli, rondoni, balie nere, ed uccelli pelagici che riescono a percorrere fino a 300km al giorno.

Tali velocità sono raggiunte anche dal Culbianco ovvero un piccolo passeriforme di 25g che riesce a compiere un viaggio incredibile.

I transahariani sono “migratori lunghi” poiché compiono da 5000 a 15000 km a migrazione. Dall’altra parte abbiamo i “migratori corti” che percorrono meno di 5000 km.

Ne sono esempio il Codirosso e il Pettirosso, che svernano in Sud Europa e Nord Africa senza attraversare il Sahara. Anche se, in realtà, i pettirossi sono considerati migratori parziali infatti alcuni individui restano nel luogo di svernamento anche durante l’estate.

Nella traversata mediterranea, oltre al deserto, anche lo stesso mare rappresenta un’imponente difficoltà per gli uccelli che devono sorvolarlo. Per questo motivo tendono ad aggirarlo passando dallo stretto di Gibilterra e da Suez per arrivare in Europa dall’Africa.

Viaggi multigenerazionali

Un ulteriore affascinante migrazione è quella delle Farfalle Monarca. In questo caso con l’avvicinarsi della stagione primaverile questi meravigliosi Lepidotteri escono dallo stato di semi-ibernazione in cui hanno trascorso l’inverno in California e in Messico. Sugli alberi di questi luoghi in piccoli spazi possiamo trovare milioni di individui.

L’aumento delle temperature e il sole determinano il “risveglio” di un elevatissimo numero di esemplari contemporaneamente, dando vita ad uno spettacolo unico.

Le Monarca faranno scorta di cibo e si accoppieranno, per poi ripartire verso gli Stati più a Nord. Il viaggio verso Nord è solitamente multigenerazionale, quindi il figlio prosegue il viaggio del genitore in una vera e propria staffetta. Il ritorno a Sud è invece percorsa da un’unica generazione definita “Matusalemme” la quale vive per dirsi mesi.

Magnetoricezione

Una vera esperta di magnetoricezione è la tartaruga Caretta Caretta. Questa specie infatti riesce a far ritorno sulla spiaggia natia per riprodursi dopo 15-20 anni in virtù della loro capacità di memorizzare la “firma magnetica” che caratterizza quella unica posizione, delle vere coordinate magnetiche dette imprinting.

Un motivo che spinge le tartarughe a percorrere lunghe distanze alla ricerca della spiaggia perfetta per la riproduzione è la temperatura poiché questa è fondamentale della determinazione del sesso del nascituro.

Infatti la temperatura perfetta è di 29° e di conseguenza un innalzamento anche di un solo grado porterà ad una maggiore nascita di femmine. E infatti il riscaldamento globale è la causa della femminilizzazione di intere popolazioni di tartarughe marine.

Il mistero del Mar dei Sargassi

I migratori marini sono tanti e affascinanti, dai banchi di sardine ai giganti degli oceani. Ma tra questi un noto caso ancora avvolto nel mistero è quello delle anguille.

Sono pesci catadromi per cui lasciano i fiumi e raggiungono i mari per riprodursi, naturalmente mettendo in atto complesse strategie fisiologiche che permettano la transizione. E qui viene il bello. Infatti tutte le anguille, che siano europee o americane, si dirigano verso un unico luogo per la riproduzione: il Mar dei Sargassi!

La particolarità di questa zona è la formazione appunto dei sargassi, ovvero dei grovigli di alghe marine fluttuanti sotto il pelo dell’acqua, che forniscono l’habitat ideale a numerose piccole specie acquatiche. Tuttavia tale peculiarità non è sufficiente a spiegare l’unicità della migrazione delle anguille, che è destinata a rimanere un mistero (per ora)!

Bibliografia

Francesca Buoninconti, 2019. “Senza confini”. Codice edizioni.

Kenneth J. Lohmann et al., 2007. “Magnetic maps in animal: nature’s GPS”. Journal of Experimental Biology.

W. Russel Poole e J.D. Reynolds, 1996. “Growth rate and age at migration of Anguilla anguilla”. Journal of Fish Biology

Le Scienze, 2016. “Il segreto molecolare della “bussola” degli uccelli”

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