L’ENDOMETRIOSI

, L’ENDOMETRIOSI

A cura del Dott. Giovanni Sambiase e della Dott.ssa Sara Davide

L’endometriosi è una patologia femminile benigna, cronica e ricorrente che si verifica con un’incidenza stimata intorno al 10% tra donne in età fertile. Essa è caratterizzata dalla presenza e dall’incremento di tessuto endometriale all’esterno della cavità uterina (ovaie, tube, peritoneo, vagina ed intestino). Il tessuto endometriosico patologico è estrogeno-dipendente ed è caratterizzato da processi infiammatori, cronici e/o acuti che coinvolgono non soltanto gli organi pelvici. L’endometriosi determina di conseguenza, nel corpo della paziente, un processo flogistico cronico e dannoso per l’apparato femminile. Lo stretto rapporto tra la patologia e l’assetto ormonale giustifica il regresso della malattia al sopraggiungere della menopausa e/o degli stati di amenorrea.

I principali sintomi dell’endometriosi sono caratterizzati da dolori molto intensi durante il periodo mestruale (dismenorrea), premestruale e nel periodo dell’ovulazione, dispareunia profonda, disuria (difficoltà nell’urinare), dischezia o dolore alla defecazione spesso con cicli di diarrea e stipsi, colon irritabile con forti sofferenze intestinali, stanchezza fisica cronica ed infertilità.

L’esame ecografico transvaginale rappresenta, ad oggi, la tecnica diagnostica di prima scelta e maggiormente accurata nello studio e nella diagnosi dell’endometriosi. La patofisiologia rimane oggetto di discussione e i meccanismi della progressione della malattia, nonché il ruolo della genetica e dell’epigenetica nel processo, devono ancora essere stabiliti con certezza scientifica.

Tra le ipotesi più accreditate vi è quella della mestruazione retrograda, durante il ciclo i frammenti endometriali uterini invece di fluire verso l’esterno subirebbero un ritorno verso le pelvi. Ciò comporterebbe un passaggio di cellule endometriali sul peritoneo e sugli organi pelvici che porterebbero alla proliferazione anomala del tessuto. I dati in letteratura, tuttavia, sembrerebbero dirimenti: circa l’80-90% delle donne con flussi mestruali e tube aperte presentano questo disturbo ma soltanto nel 10-15% delle stesse si reperisce la malattia.

Evers ha riassunto i potenziali meccanismi biologici che possono impedire o favorire tale malattia: nel corso della mestruazione, frammenti vitali di endometrio superficiale o funzionale si staccano dall’endometrio basale, probabilmente ad opera di una metalloproteinasi o dell’azione del TNF-α che induce la morte cellulare programmata (o apoptosi), e vengono espulsi insieme al normale sangue mestruale.

Parte di essi possono poi passare, per via retrograda, nel lume tubarico e da qui raggiungere il peritoneo e gli organi pelvici. Il fatto che solo una piccola percentuale di quell’80-90% di donne, nelle quali si verifica la mestruazione retrograda, vada incontro alla malattia può dipendere dall’equilibrio che nella cavità pelvica esiste tra fattore di difesa contro l’impianto dell’endometrio (ad esempio i macrofagi attivati e le cellule natural killer) e la possibilità per i frammenti endometriali di aderire, non tanto alla superficie del peritoneo, quanto alla matrice extracellulare sottoperitoneale, il che può avvenire solo in seguito a microtraumi verificatisi sulla sierosa del peritoneo. Secondo altre teorie, l’endometriosi sarebbe causata da una modificazione genetica o epigenetica della cellula endometriosica. Infine, una terza ipotesi, avvalora la tesi secondo cui la patologia si svilupperebbe in seguito ad un’alterazione del sistema immunitario, infatti gli aspetti immunologici rappresentano un settore di ricerca e di studio molto interessante. Esiste una chiara evidenza che la funzione del sistema immunitario in pazienti con endometriosi sia alterata.

Massobrio et al. sono del parere che il sistema immunitario svolga un ruolo determinante nella patogenesi dell’endometriosi, provocando una cascata di eventi caratterizzata dall’adesione al mesotelio delle cellule endometriali sopravvissute, dalla conseguente reazione infiammatoria che si sviluppa, dall’attivazione dei macrofagi e dal rilascio di fattori immunosoppressivi che inibiscono la distruzione dell’endometrio ectopico.

L’endometriosi pelvica si associa frequentemente ad infertilità, anche quando le donne affette ovulano regolarmente e presentano tube funzionali. Anche negli stadi più precoci, prima che si stabiliscano sindromi aderenziali o sovvertimento della normale anatomia, l’endometriosi si associa ad infertilità.

L’esatto meccanismo attraverso il quale questa patologia interferisce con la fertilità non è ancora completamente noto, anche se molteplici cause sono state suggerite. Molti studi hanno ipotizzato che la disfunzione ovulatoria contribuisce all’infertilità in pazienti con endometriosi minima.

Come combattere l’endometriosi a tavola? Un regime alimentare idoneo contribuirà in maniera determinante non solo al miglioramento della qualità ovarica ma anche alla riduzione dei dolori e dell’infiammazione. Comprendere il ruolo dell’alimentazione nell’endometriosi è fondamentale per lo sviluppo di istruzioni dietetiche efficaci per la prevenzione. Gli studi esistenti riguardanti la nutrizione e l’endometriosi suggeriscono che la dieta è un fattore di rischio potenzialmente modificabile.

Frutta e verdura, olio di pesce, alimenti ricchi di calcio, vitamina D e acidi grassi omega-3 sono probabilmente associati a un minor rischio di sviluppare endometriosi. Un ampio studio ha trovato un’associazione relativamente forte tra endometriosi e consumo di acidi grassi trans, e un minor rischio di endometriosi con un maggiore consumo di acidi grassi omega-3 a catena lunga. Il consumo di grassi in generale, di carne di manzo, altri tipi di carne rossa e alcol rappresenta un fattore di rischio e andrebbe evitato per chi soffre di questa dolorosa patologia.

La dieta deve essere fortemente antinfiammatoria, consumando quotidianamente sostanze come: zenzero, curcuma, verdura cruda ed estratti di verdura. Se l’endometriosi si associa al colon irritabile, con forti sofferenze intestinali, risulta utile valutare una dieta low FODMAP (fermentable oligosaccharides, disaccharides, monosaccharides and polyols) con esclusione di qualsiasi latticino. Chiaramente ogni consiglio e piano alimentare deve essere strettamente personalizzato sulla base della sintomatologia e tenendo sempre presente che non sono i nutrienti in sé a poter fare la differenza, quanto la sinergia di determinate combinazioni alimentari. Sono comunque necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno l’influenza dei prodotti alimentari consumati sul rischio di sviluppo di questa malattia.

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