Salute psicologica e rapporto col cibo: una relazione bidirezionale.

Salute psicologica e rapporto col cibo: una relazione bidirezionale., Salute psicologica e rapporto col cibo: una relazione bidirezionale.

Salute psicologica e rapporto col cibo: una relazione bidirezionale.

Il rapporto tra cibo e salute mentale è bidirezionale: l’umore o lo stato psicologico può influenzare cosa e quanto si mangia, e mangiare influenza l’umore e il benessere psicologico.

“Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo”.
Ippocrate è stato il primo a suggerire il potere curativo del cibo, tuttavia è solo a partire dal medioevo che lo si considera come uno strumento per modificare temperamento e umore. Oggi si riconosce l’influenza del cibo sull’umore e il fatto che quest’ultimo condizioni le nostre scelte alimentari. È interessante notare che l’influenza del cibo sull’umore sembra essere in parte correlata agli atteggiamenti nei confronti di particolari alimenti. Il rapporto ambivalente con il cibo, ovvero il desiderio di gustarlo ma la consapevolezza che comporta un aumento di peso, è un contrasto vissuto da molti. Persone a dieta, individui che si impongono particolari restrizioni e alcune donne segnalano di sentirsi in colpa perché ritengono di non mangiare quello che dovrebbero (1). Inoltre, il tentativo di limitare l’assunzione di particolari cibi può aumentare il desiderio nei loro confronti, portando a impulsi irresistibili o “voglie”. Questi impulsi sembrano essere più comuni tra le donne rispetto agli uomini e la loro intensità pare particolarmente influenzata dall’umore triste. L’incidenza delle voglie alimentari sembra essere più comune nella fase premestruale, un periodo in cui aumenta l’assunzione di cibo e parallelamente si modifica il metabolismo basale (2). Di conseguenza, umore e stress possono influenzare il comportamento alla base delle scelte alimentari e forse anche le risposte a breve e lungo termine all’intervento sulla dieta alimentare.

Stress
Lo stress è una caratteristica comune della vita moderna e può modificare i comportamenti che riguardano la salute, come l’attività fisica, il fumo o le scelte alimentari. L’influenza dello stress sulle scelte alimentari è complessa, soprattutto se si considerano i diversi tipi di stress a cui può essere soggetta una persona. L’effetto dello stress sul consumo alimentare dipende dall’individuo, dalla causa e dalle circostanze. In generale, quando le persone si sentono stressate, rispetto al solito alcune mangiano di più e altre di meno (3) E’ stato osservato da studi effettuati, che i mangiatori emotivi e stressati mangiano più cibi dolci ad alto contenuto di grassi e un pasto con più alta densità energetica rispetto ai mangiatori non stressati e non emotivi(4).In ambito di comportamenti e scelte alimentari, i meccanismi suggeriti alla base dei cambiamenti determinati dallo stress includono differenze motivazionali (minore preoccupazione nei confronti del controllo del peso), cambiamenti psicologici (minore appetito a causa dei processi associati allo stress) e cambiamenti pratici che riguardano le
opportunità in cui si consumano alimenti, la disponibilità del cibo e la preparazione dei pasti. Gli
studi suggeriscono anche che se lo stress da lavoro è prolungato o frequente, potrebbero verificarsi
cambiamenti negativi sulla dieta, incrementando la possibilità di aumento di peso e, di conseguenza,
di rischio cardiovascolare (5). Questo perché, lo stress causa disordini al livello dell’asse ipotalamoipofisi-
surrene (HPA), sistema che regola sia la risposta allo stress che l’ingestione del cibo. E la
risposta è diversa a seconda del tipo di stress. Lo stress cronico, specialmente quando le persone
hanno a disposizione una vasta scelta di alimenti appetitosi, induce la stimolazione di HPA ,
produzione in eccesso di glucocorticoidi, insulino- resistenza, accumulo di trigliceridi, e quindi di
grasso viscerale. Per questo lo stress può essere dunque un patway per l’obesità . La risposta del corpo
allo stress è un fenomeno adattativo. L’organismo umano affronta o sopporta le difficoltà (stressor),
procurando l’energia necessaria tramite un processo naturale, la reazione o risposta di stress,
paragonabile a un innato meccanismo di adattamento che consente di adeguare le reazioni individuali
all’imprevedibile variare delle circostanze. E’ dunque un meccanismo difensivo con cui l’organismo
si sforza di superare le difficoltà per poi tornare, al più presto possibile, al suo normale equilibrio
operativo (omeostasi) . La risposta di stress è un insieme di reazioni a catena che coinvolgono
innanzitutto il sistema nervoso,il sistema endocrino e il sistema immunitario agendo di conseguenza su tutto l’organismo (7).Si tratta di sistemi che operano in stretta interdipendenza, come la psiconeuroendocrinoimmunologia ha dimostrato, sotto il controllo del sistema nervoso centrale.Determinante pare essere l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA); mentre in condizioni di non stress l’attività dell’asse HPA è organizzata in oscillazioni periodiche regolari, in condizioni di stress si verifica un’ulteriore attivazione del sistema, in particolare, nella fase di resistenza della reazione di stress.Lo scopo di tutti questi cambiamenti è uno solo: mettere l’individuo nella migliore “condizione di combattimento o fuga”. Tuttavia lo stress eccessivo o cronico può innescare o
esacerbare una grande varietà di malattie e disturbi, tra cui disturbi dell’umore come disturbo post
traumatico da stress, ansia e depressione (8). Lo stress, sia stress lieve acuto o stress cronico
prolungato, può anche influenzare il nostro appetito, cioè sia la qualità che la quantità di quello che
mangiamo.
Pertanto si può affermare che il mangiare indotto da stress può essere un fattore che contribuisce allo
sviluppo di obesità. Infatti lo stress cronico sembra essere associato con una maggiore preferenza per
i cibi energetici, vale a dire quelli che sono ad alto contenuto di zuccheri e grassi. Subito dopo un
evento stressante, vi è un rilascio di CRH che media lo stop all’ingestione di cibo. Questo si verifica
perchè permette al corpo di dare la priorità al comportamento di lotta o fuga per affrontare l’evento
stressante, e mettendo quindi in secondo piano la necessità di assumere cibo. Nelle ore che seguono,
poi, si presenta una stimolazione glucocorticoide-mediata che va a influenzare la fame e quindi
l’ingestione di cibo. Nel caso di stress psicologico cronico, il livello sempre alto di glucocorticoidi
può andare cronicamente a stimolare il food intake e causare quindi eccessiva assunzione di cibo. In
particolare, lo stress può aumentare la propensione a mangiare cibo ad alto contenuto calorico
“appetibile” attraverso la sua interazione con i percorsi di ricompensa centrali. Questo, anche perchè
lo stress, cosi come il cibo appetibile, è in grado di stimolare il rilascio endogeno di oppioidi,i quali
a loro volta fanno parte del potente meccanismo di difesa dallo stress,in quanto determinano una
soppressione dell’attività dell’asse HPA attenuando cosi la risposta allo stress.Inoltre attraverso vari
studi effettuati(9)comparando gli effetti dello stress su mangiatori trattenuti e mangiatori non
trattenuti, si è osservata una significante influenza dello stress sull’assunzione del cibo, caratterizzata
da una risposta iperfagica, nei soggetti con restrizioni alimentari. I soggetti in restrizione alimentare
tendono ad aumentare, mentre quelli che non sono in restrizione alimentare, a diminuire, l’assunzione
di cibo quando stressati. E da studi recenti è emerso che i soggetti con restrizioni alimentari sotto
stress consumano più patatine fritte, rispetto a quelli che non sono sotto stress(10).Pertanto i dati
comportamentali e fisiologici di questi studi suggeriscono che mangiare in modo contenuto puo’
essere un fattore di rischio per la vulnerabilità nell’aumento del peso . Una varietà di perturbazioni
stressanti (es. carichi cognitivi non minacciosi) hanno dimostrato di suscitare una maggiore
assunzione nei soggetti con restrizioni alimentari. Mentre l’effetto negativo creato da manipolazioni
utilizzate per creare lo stress (film horror, fallimento di un’azione) non sembra essere sufficiente per
provocare un eccesso nel mangiare.
BIBLIOGRAFIA:
1) (Dewberry & Ussher 1994).
2) 10(Dye&Blundell1997).
3) (Oliver & Wardle 1999).
4) SJ Torres, CA Nowson – Nutrition, 2007 – Elsevier
5) Wardle et al. 2000.13 www.giovannicchetta.it reazione da stress
6) (McEwen, 2008).
7) 15 MR Lowe, TVE Kral – Appetite, 2006 – Elsevier.
8) JR Shapiro, DA Anderson – Eating behaviors, 2005 – Elsevier.
9) (Stubbs et al. 1996).
10) (Steiner 1977).

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